Attualità e Notizie

Metti il rosario in valigia e parti
inserito il 13.08.2015

Turismo religioso sempre in buona salute nel nostro cantone. Da domenica, 700 persone verso Lourdes.
Don Massimo Braguglia: ecco perché molti scelgono di viaggiare tra spiritualità, natura, arte e mercato.

La tradizione non si smentisce ma sconta l’effetto canicola: da domenica ripartirà la grande macchina del pellegrinaggio diocesano per Lourdes, col suo convoglio (ma anche col suo bus e il suo aereo) di malati, brancardier e «semplici» pellegrini – parliamo di quasi 700 persone in tutto – che anche quest’anno, nel bello dell’estate, invece del mare scelgono un santuario, anzi «il santuario» europeo per eccellenza, quello dove oltre 150 anni fa una Signora apparve alla giovane contadina Marie-Bernarde Soubirous. Questa volta, però, una zaffata del clima tropicale ha rovinato i piani ad alcuni partecipanti annunciati, che, indeboliti dal gran caldo, hanno dovuto disdire e rimarranno a casa (qualcuno ha perfino dovuto ricorrere alle cure ospedaliere), come ci conferma don Massimo Braguglia, da settembre neodirettore dell’Opera Diocesana Pellegrinaggi. Da lui ci facciamo raccontare le motivazioni del «turismo religioso» ticinese, e che cosa distingue un’agenzia di viaggi ordinaria, dall’istituzione che sarà chiamato a gestire dal mese venturo.

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Don Braguglia, partiamo dai numeri. Quante persone partiranno dal Ticino per andare a Lourdes nei prossimi giorni?
«Prima dei numeri una doverosa precisazione: il direttore del pellegrinaggio che sta per partire è don Nicola Zanini; io entrerò ufficialmente in funzione subito dopo. Ciò detto, quest’anno si sono annunciati quasi un’ottantina di ammalati che saranno seguiti da circa 220 tra infermieri e brancardier. Poi ci saranno circa 60 scout. Gli altri saranno “semplici” pellegrini. Trecentocinquanta persone partiranno in treno, 34 in torpedone e 130 con l’aereo. In totale saremo quindi circa 660 persone. Un numero leggermente inferiore a quello degli anni precedenti, ma sempre ragguardevole. Del resto per preparare un evento simile ci si impiega un anno intero».

Chi è il pellegrino tipo di Lourdes?
«Al di là dei malati, la maggior parte viene a Lourdes per prestare un servizio di aiuto. I malati non vengono per cercare il miracolo. Magari nel cuore uno lo spera, ma soprattutto uno più che la guarigione, a Lourdes chiede la forza di vivere il meglio possibile la propria condizione di malato. Per molti è anche un’occasione per incontrare il vescovo. Sia nel viaggio in treno che nell’arco della settimana le occasioni per scambiare due parole con lui non mancano».

Parliamo dell’Opera Diocesana Pellegrinaggi. Proponete viaggi di vario tipo: biblici, a Gerusalemme; legati al Papa, a Roma; mariani nei maggior santuari da Lourdes a Fatima e legati ai santi (Padova e Assisi). Quale di queste categorie di viaggio religioso è più gettonata dal pellegrino ticinese?
«Difficile dirlo perché sta cambiando la tipologia del nostro viaggiatore. Non tutti sono cristiani impegnati, per esempio. Così è normale che si propongano anche delle mete più prettamente culturali, dentro le quali c’è però un’impronta religiosa. E anche qualcuno che come cristiano non è particolarmente attivo può fare un’esperienza spirituale del viaggio».

Proselitismo? Vedo che nei vari tour che proponete è prevista anche la celebrazione della messa.
«No. Prima di tutto si iscrive anche gente che non crede e che viene appunto con motivazioni più culturali che spirituali. Nessuno è obbligato a partecipare alla messa o alla preghiera, quando ci sono. È piuttosto un’occasione di proporre qualcosa che una semplice agenzia di viaggi non può offrire. Parliamo di situazioni nelle quali le persone sono via da casa, si immergono nella natura, vedono l’ingegno dell’uomo, l’arte. Ma sono sempre accompagnate da un assistente spirituale. Può essere un’occasione per confrontarsi con qualcuno che crede. È questa la ragione per cui la diocesi organizza i viaggi, altrimenti uno può scegliere una qualsiasi altra agenzia. Il valore aggiunto che proponiamo è proprio questo accompagnamento, che può essere anche solo una chiacchierata in aereo o in treno. Il nostro è un servizio offerto all’uomo che in un contesto più rilassato può far emergere delle domande o un desiderio di spiritualità. Il Papa dice che dobbiamo andare nelle periferie. Qui non si tratta certo di periferie di povertà materiale, ma esistono anche periferie di povertà spirituali. Ecco perché le vacanze sono un ambito nel quale è importante che la Chiesa ci sia. Poi, se uno vuol venire solo per fare le sue visite va benissimo. Noi non chiediamo né l’atto di battesimo né particolari impegni spirituali».

A proposito di trasferte culturali, da poco avete organizzato un viaggio per i 1500 anni dell’abbazia di Saint Maurice, in Vallese.
«Esatto, tra il 26 e il 29 giugno, ed è andato bene. Purtroppo, in Ticino, di questo straordinario giubileo se n’è parlato molto poco. Qui c’è una maggiore attenzione per altri eventi, per esempio l’anno della Misericordia indetto dal Papa che ci porterà ad organizzare un viaggio a Roma».

Nel programma dell’Opera diocesana di quest’anno spicca l’assenza di due mete molto frequentate dai turisti religiosi: Medjugorje e San Giovanni Rotondo.
«San Giovanni Rotondo non lo facciamo tutti gli anni solo perché il bacino d’utenza non è così importante da prevedere un viaggio fisso, ma è una meta che poi torna. L’ultima volta è stato l’anno scorso. Vige più o meno lo stesso regime che abbiamo per Padova, dove si organizzano pellegrinaggi per sant’Antonio. Medjugorje, invece, non c’è perché non è possibile organizzare pellegrinaggi diocesani. Si tratta di una chiarissima indicazione vaticana». (Del resto, proprio nelle scorse settimane si è saputo che una commissione della Santa Sede ha preparato un rapporto su Medjugorje e ci si aspetta in tempi rapidi un pronunciamento ufficiale del Papa sul celebre sito religioso balcanico entro la fine dell’estate).

Questi sono viaggi che si presentano come «spirituali», ma non c’è dubbio che attorno ad essi prosperi un ampio mercato. Basti pensare ai numerosi gadget. Gesù Cristo ebbe dure parole contro «i mercanti del tempio», voi cosa dite?
«Il principio di questi viaggi è chiaro e viene spiegato senza giri di parole: si tratta di esperienze spirituali. Ciò detto, sarebbe ingenuo e per certi versi dannoso pensare di proibire a chi vi partecipa di fare shopping. Se lo fai preparati a diventare “martire” del pellegrinaggio. Ognuno vuole comperare il ricordino, per sé o per regalare, anche se può essere kitsch. Poi, magari, sul bus ti chiedono di dare la benedizione. Ti domandano se funziona anche se l’oggetto comperato è chiuso in valigia. In tono scherzoso domando loro se davvero credono che lo Spirito Santo non riesca ad attraversare le valigie».

(di Carlo Silini, articolo tratto dal CdT del 13.08.2015)



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