Attualità e Notizie

La sfida lanciata dal vescovo
inserito il 19.08.2014

Manchiamo di tutto? bene!

«Sono contento di andare a Lourdes in agosto», aveva scritto monsignor Lazzeri nella presentazione del pellegrinaggio diocesano. È la prima volta, per lui, da vescovo ma anche da prete (ci era venuto una volta sola da seminarista).
E aveva aggiunto: «Se c’è una possibilità di guarire dalle mie rigidità interiori, dalla mia incapacità di proporre prospettive nuove, dalla tentazione della resa al più comodo e al meno dispendioso, sono certo che è lì che la troverò.

Insieme a tanti fratelli e sorelle. Per tornare a casa e portare nel quotidiano il fervore inesuaribile della festa». Con la stessa sincerità il vescovo di Lugano ha aperto ieri l’avventura dei pellegrini. Un viaggio faticoso, soprattutto per chi l’ha affrontato in treno, soprattutto per i malati e chi li accudisce. Don Valerio non sottovaluta il coraggio e in certi casi l’erosimo di chi l’ha intrapreso. Non affronta, per il momento, la questione delle domande che ognuno ha poratato nel suo cuore. Vuole indurci a porre la domanda essenziale, quella cui la Madonna è pronta a rispondere ottenendo il dono più grande, in assoluto, che Dio può fare all’uomo.

La conversione, la fede. Questo è il vero grande miracolo di Lourdes. Ma occorre un cuore capace di porre questa domanda. E la sincerità di don Valerio va dritta a questo punto drammatico della vita: il resto verrà, lo vedremo.

Il nemico da battere è l’autosufficienza: riuscire in qualche modo a farcela da soli. Vincere le mancanze, i vuoti le incapacità. Essere buoni, un po’ più buoni. Anche a Lourdes si può venire per questo. Il moralismo. In fondo, la vecchia eresia di Pelagio. Ma la natura dell’uomo è proprio quella di una mancanza, di un vuoto, di una sproporzione strutturale. E Dio non ci ha fatti così per divertirsi a vederci soffrire. Ci ha fatti mancanti, radicalmente incapaci di rispondere alle nostre esigenze più profonde perché questo è l’unico modo per farci diventare mendicanti. Mendicanti prima di tutto di ciò che ciò che fa riuscire la vita, convincendoci che l’essere venuti al mondo è davvero un bene.

La mancanza, allora, è una condizione che prima di essere combattuta va riconosciuta come benedetta. Possibile? Possibile che l’essere dipendenti, dagli altri e da un Altro, sia una condizione da coltivare? Questa è la sfida lanciata all’inizio del pellegrinaggio. Che nel suo primo gesto, com’è tradizione, ha ricordato i traguardi dei matrimoni e delle vocazioni giunte a importanti anniversari: forme di domanda nella dipendenza.

(di Claudio Mésoniat, articolo tratto dal GdP del 19.08.2014)



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