Attualità e Notizie

Nel buio della notte in cammino con la Croce
inserito il 24.08.2012

È iniziato al buio il terzo giorno, ma col sole si è fatta più forte la certezza di un destino buono per tutti, come per don Marco Notari, giovane prete che passava le sue estati a Lourdes.

Alle 6.27 era ancora buio qui a Lourdes, ma già un centinaio di pellegrini ticinesi era pronto, accanto al loro vescovo, per la partenza della via crucis. Una strada irta; le stazioni raffigurate con i personaggi della passione di Cristo in grandezza naturale. Una torcia illuminava i testi a commento di ogni stazione: da un lato due scout a leggere brani del vangelo, dall’altro il vescovo, don Nicola e don Claudio in alternanza a leggere un testo bellissimo, poetico e quindi sintetico, scritto con la finezza di un ottimo comunicatore che è riuscito a far riflettere sulla morte di Cristo e sul significato che la stessa assume per ogni uomo, di ogni tempo. L’autore è rimasto anonimo come da suo desiderio, anche perché quel che conto è ciò che ha scritto.

Con il passare delle stazioni, con il procedere della via crucis, con l’entrata nel significato più profondo della passione di Cristo anche la luce su Lourdes ha iniziato a farsi largo nella notte ormai terminata. La stessa luce ha detto il vescovo Grampa che le parole ascoltate sul sacrificio di quel figlio di Dio fatto uomo e morto per l’umanità porta nel profondo dell’animo.

“L’abito non fa il monaco”
Tra i pellegrini che hanno seguito la celebrazione diversi scout e tra loro anche don Marco Notari. Marco ha 28 anni, è stato ordinato prete dal vescovo l’anno scorso. Qui a Lourdes è di casa. Ha iniziato una frequentazione assidua all’età di 3 anni! I suoi genitori erano scout con un legame forte con il servizio a favore dei pellegrini ticinesi a Lourdes. Lui ci è sempre venuto, accompagnando mamma e papà. «Ma erano ormai 6 anni che non tornavo a Lourdes. Gli impegni legati soprattutto alla mia formazione non mi hanno permesso di partecipare agli ultimi pellegrinaggi», ci dice don Marco sulla strada che scende verso la Basilica del Rosario a conclusione del percorso della croce.
“L’abito non fa il monaco”, recita il vecchio proverbio. E se incontri don Marco a Lourdes non diresti proprio che sotto quegli abiti vi sia… un sacerdote. Veste la divisa degli scout, con tanto di pantaloni corti, foulard, cinturone e tutto quanto l’abbigliamento scoutistico impone. «Mi sono detto: se vengo a Lourdes è per mettermi al servizio dei pellegrini assieme ai miei amici scout, facendo ciò che qui ho sempre fatto. Non ho voluto cambiare il mio approccio con questa realtà di Lourdes». Ma è chiaro che oggi vive tale realtà con un’altra consapevolezza.

La giovane “scommessa”
Don Marco è una “scommessa” del vescovo. «Forse è più giusto dire che mons. Grampa rappresenta una costante importante nel mio percorso come uomo e come sacerdote. Ho frequentato il Liceo al Papio con don Mino rettore. E a tre mesi di distanza dall’entrata in Seminario a Lugano, lui è diventato vescovo, ritornando subito ad essere il mio… “superiore”. Lui mi ha ordinato sacerdote, lui mi ha dato il mio primo incarico pastorale». Parliamo di questo incarico. «Ecco, forse è questa la sua “scommessa”; sono il primo vicario interparrocchiale della diocesi. Significa che svolgo la mia attività di vicario, con particolari compiti di pastorale giovanile, a servizio di tre parrocchie: quella di Morbio Inferiore con don Claudio Mottini (anche lui presente qui a Lourdes, ndr); quella di Vacallo con don Simone Bernasconi e con le parrocchie della Valle di Muggio con don Leszek Chmielinski. È una novità. Spero di avere il tempo per verificare se tale intuizione del vescovo possa diventare una soluzione applicabile in altre parrocchie». È un “progetto pilota”, come si dice in queste circostanze, per testare una nuova soluzione di lavoro pastorale, legato anche alla necessità di un coordinamento sempre migliore visto il calo delle vocazioni. E a proposito di vocazioni, come è nata la tua? «Mi dicono che già da piccolino sostenevo che avrei voluto fare il prete. Ma è quanto dicono molti ragazzini… Non c’è stato un momento particolare in cui posso identificare la nascita della vocazione. A determinarla è stato l’ambiente della mia famiglia; la parrocchia, nel senso che vedevo nella figura del parroco una persona che diventava riferimento per la comunità dei fedeli. Anche il mondo degli scout, certo, ha contribuito, non tanto con il suo lato fatto di campeggi e di attività all’aria aperta con i ragazzi, quanto per lo spirito di servizio, per la ricerca di formazione rivolta ai giovani. E poi la persona che mi ha seguito nel far crescere e maturare questa volontà è stata don Italo Molinaro, parroco a Neggio».
Con un sorriso e con una vigorosa stretta di mano Marco ci saluta e si incammina nella sua giornata, nella sua missione di giovane prete.

(di Gianmaria Pusterla, articolo tratto dal GdP del 23.08.2012 / foto I. Cavaliere)



HOME
Chi Siamo Attualità e Notizie Galleria Fotografica Downloads
Contatti
Links