Attualità e Notizie

Tante strade e tante storie e dentro... il senso della vita
inserito il 22.08.2012

È iniziato il pellegrinaggio. Abbiamo raccolto la testimonianza di don Giancarlo Riva

Lo dicono in molti quando vengono a Lourdes: qui incontri davvero il Ticino. È un popolo, quello dei pellegrini, che riflette la nostra comunità, come specchiati in un laghetto alpino della Leventina. Trovi l’avvocato che spinge la carrozzina di un’ammalata paraplegica; trovi il postino che si mette a disposizione per le visite alle piscine. Il medico (sono in sei, capitanati dal dottor Franco Denti) è pronto a dare il suo consulto se qualcuno sta male. Ma trovi anziani che aspettano solo questo momento per ritrovarsi. E vedi tanti giovani; sono scout; sono barellieri in divisa blu. Non li spinge qui la consuetudine. C’è qualcosa di più bello e importante. Ed è proprio il sentimento dell’incontro non fine a se stesso, ma di servizio agli altri. Ti colpiscono gli ammalati: durante la messa del pomeriggio nella Basilica del Rosario sono davanti, proprio vicino all’altare, dove il vescovo Pier Giacomo Grampa con i confratelli che lo hanno accompagnato nel pellegrinaggio diocesano celebra l’Eucarestia.

Ieri erano le 17 quando il vescovo ha salutato i “suoi” pellegrini. Fuori, dopo uno scroscio d’acqua, il sole era tornato a splendere. Anche qui fa caldo come lì in Ticino. Meno gradi, ma molta più umidità.

Durante la messa si sono ricordate le coppie che in questo pellegrinaggio festeggiano i 25 o i 50 anni di matrimonio, così come i sacerdoti o le religiose che hanno raggiunto il medesimo traguardo.

Un prete, lì accanto all’altare, è in carrozzina e sta concelebrando. È don Giancarlo Riva. Ha 59 anni e un ictus lo ha colto mentre l’équipe medica lo stava operando al cuore. Era il 2009. Da allora ha perso l’uso della parte sinistra del suo corpo. Non può camminare. «La vista fa cilecca», come ripete spesso lui. Ma la testa funziona! Lo abbiamo intervistato e ne è uscita una testimonianza bella e toccante.

Don Giancarlo è un prete che ha sempre rivolto una particolare cura verso la pastorale giovanile. Quando era a Mendrisio la gente diceva: «Sa entrare anche in osteria per incontrarsi con i giovani e con la gente». Lo faceva davvero e la Casa della gioventù della parrocchia (l’oratorio) pullulava di ragazzi. Ha nel cuore quella comunità, così come la parrocchia di Osogna (dove è stato per due periodi, prima e dopo Mendrisio) e la parrocchia di Gerra-Cugnasco, la sua ultima parrocchia. «Vorrei ancora tanto poter fare la pastorale. Vorrei ancora avere la mia parrocchia. Mi rendo conto che fisicamente non ce la faccio, non sono più in grado. Oggi sono ricoverato alla casa anziani di Gordola. E il vescovo mi ha dato il compito di confessare. Lo ringrazio per questa mansione, che mi fa sentire utile, mi fa sentire prete». In effetti don Giancarlo accoglie i suoi nuovi parrocchiani, i suoi ex parrocchiani e non solo per le confessioni. È un dono che mette a disposizione di tutti.

È stata dura per lui accettare una condizione fisica nuova, degradante per quanto invece sapeva fare prima. «Mi ricordo durante l’intervento chirurgico  racconta  una voce che mi diceva: “Che cosa vuoi fare, vieni o resti?”. La mia risposta deve essere andata nella direzione di voler restare...». Oggi è qui seduto su una carrozzina, la vista… che fa cilecca, ma con un cuore grande. Forse troppo grande e per questo ha avuto bisogno di 9 bypass! Oggi sta dando un nuovo senso alla sua vita di uomo e di sacerdote. Una ricerca continua proprio dentro di sé per capire che cosa può ancora offrire alla sua gente.

«Ringrazio davvero il vescovo per questo incarico. Ma devo dire che tutte le scelte che ha fatto verso la mia persona si sono sempre rivelate azzeccate. E sai che quella persona (mi dice un nome che qui però non vogliamo rivelare, ndr) ha deciso di entrare in seminario, di abbracciare la strada del sacerdozio?». Me la butta là così, ma sa che un seme in quel cuore lo ha messo anche lui.

Intanto gli passa accanto un pellegrino: «Come stai don Giancarlo?». «Devi chiederlo alla carrozzina» risponde lui con una delle sue battute che lo hanno fatto apprezzare per la sua umanità. «Sto bene, pur nelle condizioni in cui mi trovo». Arriva Aristide Cavaliere. Dopo un attimo per mettere a fuoco, nel vero senso della parola, l’amico incontrato, don Giancarlo inizia a ricordare questo e quell’avvenimento. Questo e quel momento particolare vissuto in passato.

Qui a Lourdes certamente si ricarica. Vive durante questa settimana il senso pieno di una comunità che cammina accanto a lui. «Nella mia testa ho ancora voglia di fare la pastorale», mi ripete. «Lo chiederò ancora al vescovo». Non si arrende e dimostra quella forza di voler essere utile. Come ha sempre fatto. Come oggi fa, costretto su una carrozzina, con la vista che fa cilecca, in quella casa di riposo a Gordola. Ringraziando il suo vescovo, ma con la speranza di essere ancora quello di prima. Senza accorgersi che, così com’è, è ancora meglio di prima…

(di Gianmaria Pusterla, articolo tratto dal GdP del 21.08.2012 / foto I. Cavaliere)



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