Attualità e Notizie

«Un Padre che soffre e si commuove per noi»
inserito il 22.08.2010

È vero quel che scrive don Sandro nella colonna qui a destra (v. articolo successivo, ndw): sembra troppo corto il pellegrinaggio. Anche se un po’ stanchi, il nostro cuore vorrebbe che questo pegno di Paradiso che è un’autentica vita di popolo in cammino non finisse mai. E ha ragione il vescovo quando ci fa notare -lo leggeremo nella sua lettera pastorale- che non è nella parrocchia, per amata e necessaria che sia, che il nostro io cristiano respira a pieni polmoni, ma nella comunità diocesana (in comunione col Papa). Ma la verità è che tutta la vita, tutte le sue circostanze possono essere vissute con la stessa intensità sperimentata in questi giorni: questo è il cristianesimo e il suo scopo sono dei volti così lieti da suscitare “invidia” in chi li incontra (“se si può vivere così, lo vorrei anche per me”). C’è una condizione: cercare, anche noi, tutti i giorni “i volti dei santi” (dei fratelli più maturi nella fede) per ricominciare tutti i giorni l’esperienza dello sguardo del Mistero su di noi. È lo sguardo - dice mons. Grampa nell’omelia conclusiva alla grotta, che riportiamo qui sotto- di un padre che non è indifferente, ma sempre commosso per la sua creatura, per me, per il mio niente, per il mio male; e in Cristo dà la vita per la mia felicità. Solo così saremo resi capaci di offrirla anche noi. (introduzione di Claudio Mésoniat)

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1. Mi sono chiesto che cosa può averci dato di particolare il nostro essere stati a Lourdes quest’anno nel segno della croce. Cosa ci dice l’essere qui, ancora una volta, davanti alla Grotta dell’Immacolata, che ci invita con Bernadetta a fare il segno della croce, a contemplare in silenzio, ad ascoltare in silenzio che cosa? Come le donne ai piedi della croce vorrei che ascoltassimo il battito del cuore del Crocifisso, "il battito del tuo cuore di Dio", Signore Gesù. Il cuore di Dio, il tuo cuore, o Dio, Signore Gesù, che ha condiviso la sorte di noi uomini comuni quando, sulla croce sei morto per noi in un grido. Fino a qui. Fino a qui è arrivata la passione, la passione di Dio per l’uomo. Fino a morire in un grido come muoiono gli uomini comuni. Ci sono commenti che mettono a confronto la morte di Socrate, una morte nella rassegnazione, una morte all’interno di una impassibilità, una morte da eroe con la morte di Gesù, che è stata la morte dell’uomo che urla. Scrive il biblista Bruno Maggioni: «Se per Socrate la morte è amica, quasi un dono degli dei, un dono che lo scioglie dal corpo, per Gesù essa è un nemico. La morte è una prova, non un dono, e fa paura».

2. Noi abbiamo vissuto questo pellegrinaggio nel segno della croce ascoltando il battito del cuore di Gesù che la sua croce l’ha portata con la paura, la sofferenza condivisa con noi, con le nostre ansie e disperazioni. Gesù, ci dice la croce, il mistero della sua croce, è morto in un grido, e dunque ognuno di noi che non si rassegna al male, ognuno di noi che grida allo scandalo davanti al male, ognuno di noi che muore in un grido, sente con emozione di averlo compagno. Compagno del grido e del lamento che non è, come spesso si crede mancanza di fede: quel lamento è chiedere a Dio di essere vicino, quell’urlo è segno di fiducia estrema in Dio che solo ha il potere di darci forza e fiducia. Allora Gesù compagno nel lamento ci è anche compagno nell’affidamento, nella consegna ad un Dio che non smentirà la Promessa. Il battito del cuore del Crocifisso, battito di paura, è anche battito di affidamento. Battito di passione. Noi ricordiamo la parola “passione” per dire i patimenti di Gesù. Ma i padri della Chiesa si chiedevano: «Quale è questa passione che per noi ha sofferto?». Origene rispondeva: «È la passione dell’amore».

3. Ebbene, commentando questo passo di Origene, Enzo Bianchi, il Priore del monastero di Bose scrive: «Il nostro Dio è un Dio che ha del pathos dentro di sé, un Dio che soffre per amore. Quando all’interno della Bibbia si parla di lui, è un Dio che soffre, è un Dio che piange, è un Dio che sente il nostro lamento e si mette accanto a noi. C’è un passo molto bello del profeta Zaccaria in cui Dio dice: Chi ferisce voi, Israeliti, ferisce la pupilla del mio occhio». Noi pupilla del suo occhio, noi passione del cuore di Dio. Questa l’esperienza che abbiamo fatto in questo pellegrinaggio attraverso la contemplazione del mistero della Croce, abbiamo ascoltato il battito del cuore di Dio, il battito della passione per ciascuno di noi, per la nostra Chiesa, per la nostra umanità. Guidati da Bernadetta siamo stati alla scuola di Maria l’Immacolata, che invitandoci a fare bene il segno della croce, ci ha fatto riscoprire la bellezza e la grandezza del nostro essere cristiani. Per crucem ad lucem. Attraverso l’esperienza e la meditazione del segno della croce ci siamo colmati di luce.

Un vivo ringraziamento a tutti gli organizzatori i responsabili del pellegrinaggio nei diversi settori di assistenza sanitaria, di animazione spirituale, di attività di volontariato, di partecipazione ai diversi momenti di lavoro, cura, preghiera, amicizia e solidarietà.

Buon viaggio di rientro a tutti con la protezione della Madonna e nel segno della croce.

(di +Pier Giacomo Grampa, Vescovo di Lugano, articolo tratto dal GdP del 21.08.2010)
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