Attualità e Notizie

Erano ragazze tossico-dipendenti, ora stanno cambiando il mondo
inserito il 20.08.2010

I ragazzi della Pastorale giovanile incontrano la comunità di madre Elvira

Sono molto grato a don Dania, a don Leo e ai ragazzi della pastorale giovanile diocesana per avermi offerto l’opportunità di accompagnarli nella visita alla “Comunità Cenacolo” di madre Elvira. Ho potuto constatare quello che forse è uno dei più grandi miracoli che, senza clamore, sta compiendo la Madonna qui a Lourdes (e nel mondo): cavar fuori da ragazzi tra i 20 e i 30 anni, usciti dalla “normale” condizione in cui annaspa la loro generazione (fragilità affettiva e confusione mentale, annegate spesso –come nei loro casi– nell’alcol e nella droga), dei testimoni della fede cristiana che sembrano usciti da anni di esperienza claustrale. Un pezzo, insomma, di quel nuovo monachesimo che potrà salvare l’umano e traghettarlo in un’altra epoca, così come i monaci benedettini fecero tra la fine dell’antichità sfasciata e il grande Medioevo. Andiamo con ordine. Che ci fanno a Lourdes questi giovani? Sono ospiti di un paio di comunità per ex tossici (una maschile e una femminile) che sorgono sulle colline della città di Bernadette, create, qui come ormai in altri 15 Paesi del mondo (per un totale, al momento, di oltre un migliaio di ragazzi in 60 centri), a partire dal 1983 e da un primo nucleo a Saluzzo (in provincia di Cuneo) da una straordinaria donna italiana, suor Elvira Petrozzi. Con i giovani ticinesi, ieri abbiamo incontrato tre ragazze, in comunità da tre, quattro e cinque anni. Sandra, messicana (c’è un piccolo centro anche laggiù), ci ha raccontato della loro vita quotidiana. Un “ora et labora” ritmato da una grande fedeltà alla preghiera mariana per eccellenza, il rosario (recitato tre volte al giorno), fatto di lavori semplici (spesso agricoli o artigianali), da frequenti momenti di dialogo. Non ci sono “operatori specializzati” nei centri di madre Elvira (uno dei tanti tratti comuni con il metodo di don Gelmini), ma solo “angeli custodi”, ragazzi o ragazze che sono già in comunità da un po’ di tempo e che per qualche mese seguono 24 ore su 24 ogni giovane appena entrato. «Non è un caso –ci spiega Sandra– che i nostri centri, che vivono di pura carità e nascono a partire da donazioni non cercate, siano sorti a Medjugorje, a Loreto, nei pressi del santuario di Guadalupe e nei pressi di altri santuari mariani. La Madonna in qualche modo dovrà pur centrare…Qui a Lourdes, comunque, tutte le settimane di lunedì ci alziamo a mezzanotte, scendiamo alla grotta e dall’una alle due restiamo in adorazione». Impressionante la storia di Angelique (originaria di Digione), e impressionante come, a 30 anni, lei la sappia leggere e raccontare. Varrà la pena di tornarci e narrarla per intero sul GdP (in specie la tormentata vicenda che da una famiglia “religiosissima” l’aveva portata alla droga). Qui solo l’ultimo capitolo. Dopo un anno di comunità, due anni fa un incidente d’automobile, dove muoiono due compagne di cammino. Per lei è la paralisi completa alle gambe. E dalla carrozzella Angelique dice: «Quando mi sono svegliata ho capito che Lui mi chiedeva di starci fino in fondo. Ho detto sì, e già in ospedale non capivano come facessi a essere lieta. Adesso vorrei uscire dalla comunità, buttarmi nella vita per come potrò e far capire a tutti, specie a chi vive in condizioni simili alla mia, che la fede vince su tutto». Nessuna euforia in queste parole, come pure in quelle di Valentina, piemontese, che a una domanda su cosa l’abbia “costretta” alla conversione risponde: «Prima la fede era una cosa astratta. Ho dovuto vedere davanti ai miei occhi delle persone umanamente sorprendenti per toccare con mano la Sua presenza. La mia “angelo custode” era più che una mamma e una sorella, sempre contenta, sempre pronta a consolarmi e servirmi. “Ma chi ti ha pagato?!”, dicevo dentro di me. Lì ho dovuto cedere».

(di Claudio Mésoniat, articolo tratto dal GdP del 19.08.2010)



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