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E nella Via Crucis irrompono i popoli martoriati dell’Asia
inserito il 20.08.2010
 In piedi alle 6 del mattino per vivere uno dei momenti più intensi del pellegrinaggio diocesano: la Via Crucis, che si inerpica per un cammino poco lontano dalla grotta in mezzo ai boschi, dall’oscurità iniziale alla luce che a poco a poco sorge e ci permette di scoprire a pochi passi da noi le statue dorate dei protagonisti delle scene della Passione, in grandezza naturale,nello stile dei Sacri Monti lombardi. Quattordici stazioni, brevemente commentate da don Barlassina, con alcuni pellegrini che si alternano alla lettura dei brani evangelici. Mons. Grampa segue einserisce le orazioni. Viene persinochiamato al telefono, in piena ViaCrucis, dagli studi RSI di Besso per lanciare un appello in favore della raccolta di fondi per le vittime delmaltempo in Asia. I pellegrini ascoltano, perché il vescovo non fa soluzione di continuità, anzi volutamente inserisce i nostri fratelli di quei Paesi sfortunati tra coloro che stanno seguendo il percorso terribile e benedetto di Cristo verso la morte e la resurrezione. Al termine mons. Grampa riprende la parola. Ascoltiamolo, ne vale la pena.
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Fedeli cristiani, fratelli e sorelle carissimi, cosa dobbiamo fare ancora perché questa Via Crucis non trascorra senza aver lasciato un segno profondo nella nostra vita? Abbiamo ripercorso con Gesù la strada della croce, ci siamo stretti a lui nell’ascolto della Passione, che mostra al mondo il crocifisso: scandalo per gli ebrei, follia per i pagani. Che cosa faremo ancora? sostiamo un istante per riflettere, per meditare, per contemplare, per tentare di capire meglio questa morte di Gesù in riferimento a Dio, alla Chiesa, al mondo. In riferimento a Dio: la croce, il crocifisso è l’apice, il vertice della rivelazione. Nella croce il Signore si manifesta come il "Dio per noi" nel modo più totale e completo. Si è fatto nostro fratello sino alla morte, si è consegnato a noi senza riserve. Quell’uomo che abbiamo mostrato al mondo era il nostro Dio per noi, tutto nelle nostre mani, totalmente nostro. La croce in riferimento a Dio dice fino a che punto Dio ci ha amati. Come possiamo lamentarci di lui, dire che è lontano, che non ci ascolta, che si disinteressa, quando ce lo troviamo nelle mani fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce? In riferimento alla Chiesa, a noi credenti, ai cristiani: la croce ci rimprovera la nostra responsabilità di fronte alla morte di Gesù. Quel che è successo sulla croce non fu un caso, non è dovuto all’incomprensione di altri, ma dipende da noi. Gesù è morto per noi e per i nostri peccati. A causare la morte di Gesù è stato il nostro rifiuto di lasciarci condurre da Dio. Occorre chiedere perdono non solo come singoli, ma come Chiesa, come comunità. "Popolo mio, che male ti ho fatto? In che ti ho provocato? Dammi una risposta!". E d’altra parte la Chiesa deve prendere coscienza anche di tutta la sua bellezza e preziosità. La Chiesa è la famiglia dei fratelli, dei figli, per i quali ha compiuto nel suo sangue il dono di se stesso. In questo giorno di dolore, di lutto, per la fragilità della condizione umana, la Chiesa deve sentirsi preziosa e bella per la grazia del suo Signore E in rapporto al mondo che cosa ci dice la morte di Gesù? Noi sentiamo che è morto per tutti. Gesù non ha operato la riconciliazione in un angolo e di nascosto, ma al centro del mondo. Il vangelo di Giovanni evidenzia la vicinanza alla città del luogo dove Gesù fu crocifisso. Poi, richiamandosi al profeta Ezechiele ("E subito ne uscì sangue ed acqua") evidenzia la portata universale della salvezza operata da Gesù. "Quelle acque, dove giungono, risanano e lì dove giungerà il torrente tutto rivivrà". "La terra, il mare, gli astri, l’universo vengono lavati da questo fiume". La croce è l’arca che salva nel diluvio, che rigenera l’universo; unisce con l’asta verticale la terra al cielo e con il braccio orizzontale i popoli tra loro, superando la categoria di eletti e non eletti. La croce riconcilia tutti gli uomini nel crocifisso. Non è morto per pochi intimi, per quelli che capiscono, ma per tutti. Anche per quelli che non sanno quello che fanno. Ecco perché abbiamo fatto bene ad annunciare a tutti che il Signore è morto ed ha salvato tutti nel suo amore. Con questa celebrazione che ci ricorda la passione, la crocefissione e la morte di Gesù in croce vogliamo mettere Gesù al centro della nostra vita. Sentiamo su di noi lo sguardo di Gesù che ci interpella. Ci dice che ci ha amati per primo. La croce è il segno del primato dell’amore di Dio. Quando noi eravamo ancora nei nostri peccati lui ci amati così come eravamo. Si è dato per noi in remissione dei peccati. Attenti al crocifisso per capire che Gesù ci guarda, guarda ciascuno di noi in particolare; è uno sguardo personale che ci raggiunge e ci interroga e ci chiede: e tu? Noi oggi risponderemo dobbiamo rispondere con una vita dominata dalla centralità di Gesù, una vita in cui non venga meno l’attenzione per la sua parola e per la sua persona. La centralità di Gesù che oggi scopriamo dobbiamo viverla non solo oggi, ma nei giorni feriali, svuotati dall’affanno e dalle delusioni, frastornati dal ripetersi di gesti e parole che ci occupano tanto, donandoci così poco. Signore Gesù, aiutaci a capire e riconoscere il primato dell’amore tuo, che è amore di Dio per noi. Mettere te al centro vuol dire imparare a mettere al centro l’amore. E l’amore costa, è fatica, è dono, è generosità, è sacrificio, è sofferenza. La croce non è il fallimento dell’amore, ma la sua grande fecondità. Grazie, Gesù, per avercelo insegnato. Se è vero che si diventa ciò che si guarda, fa’ che noi non guardiamo altri che te, che sei il nostro Salvatore e il nostro Dio.
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(di Claudio Mésoniat, tratto dal GdP del 19.08.2010)
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