Attualità e Notizie

«Perché andare fino a Massabielle?»
inserito il 24.08.2016

Una riflessione sul senso del pellegrinaggio: nella vita c’è bisogno di luoghi che aiutino a prendersi il tempo necessario per mettere Dio al centro, per vedere Gesù nel fratello, per capire Maria.

Questa è un’obiezione sentita sovente: «perché spostarsi fino a Lourdes se Maria, nostra Madre, è presente dovunque?». L’affermazione è giusta: come non vedrebbero tutto coloro che vedono Colui che vede tutto? Ma all’obiezione rispondo dicendo che si va a Lourdes proprio per capire meglio che Maria è sempre con noi. Nell’atmosfera di Lourdes meglio si percepisce la Chiesa (e non mancano rappresentanti di diverse religioni, a volte con abiti sgargianti), si prega e si canta insieme a decine di migliaia di sorelle e di fratelli, si è edificati dalla fede dei malati, nutriti dalla Parola e dall’Eucaristia.

L’ideale si realizza quando noi pellegrini che lasciamo la grotta delle apparizioni ci rendiamo conto che d’ora in poi l’apparizione “della grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini, insegnandoci a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà” (Tito 2,11) siamo noi. In fondo il “ritorno” da Lourdes è più importante della semplice “andata” se ci porta a una radicale conversione della nostra vita al Vangelo di Gesù. Uno dei momenti più importanti del pellegrinaggio è la celebrazione del sacramento della riconciliazione. Si parla di “crisi” di questo sacramento, ma mi auguro che a Lourdes sia sparita, sia per i confessori (chiamati ad incarnare la misericordia di Dio che è incommensurabile), sia per i penitenti.

Conosco dei confratelli che passano le loro vacanze confessando a Lourdes. Beati loro! A Lourdes non si pone il problema del tempo e il dialogo che illumina questo sacramento può essere anche molto lungo. Aiutati dal confessore possiamo esprimere le nostre problematiche. Il suo stesso ascolto ci aiuta a tracciare una gerarchia di priorità: un conto è la distrazione nella preghiera (che ci colpisce tutti) e un conto è l’insulto al coniuge (che deve metterci in allarme). Oggi si parla di una certa flessione di pellegrini a questo santuario mariano a vantaggio di altri luoghi. È certo che là dove l’offerta per le confessioni e per la preghiera comunitaria è forte, l’afflusso è maggiore e sempre crescente. Già prima di Cristo si era capito (si pensi a Epidauro, Pergamo, Cos) che l’uomo è sollevato dalla sua sofferenza interiore se è ascoltato e av volto in quell’amore divino che lo rinnova.

Quante volte i pellegrini, ritornati a casa, portano una statuetta di Maria SS. e la collocano in una grotta costruita da loro! Ma il prolungamento del pellegrinaggio si concretizza se noi diventiamo maggiormente “apparizione” della misericordia di Dio. Il pellegrinaggio comincia quando finisce: nelle nostre case, nelle nostre parrocchie. Più noi incarniamo il Vangelo (si pensi anche soltanto al perdono incondizionato che offriamo a tutti, come ci ordina Gesù, in Luca 7, 27-35) e più siamo ritenuti dei pazzi (Atti 26,24), ma «ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini» (1 Corinzi 1,25).

La persone che ritornano da un pellegrinaggio vissuto intensamente sono effettivamente convertite e incarnano la Parola di Gesù, divenendo dav vero sua manifestazione, sua «apparizione». È in questa ottica evangelica di conversione che possiamo aiutare la società ad aprirsi all’amore e alla pace. Incarniamo così nel “terribile quotidiano” l’invito pressante di Maria: «Fate quello che Lui, Gesù, vi dirà» (Giovanni 2,5).

(di don Sandro Vitalini, articolo tratto dal GdP del 23.08.2016)
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